PANDEMIA E NUOVI CONSUMI
La pandemia da coronavirus sta avendo ripercussioni sulla vita di tutti; sta sconvolgendo abitudini, modi di vivere ma apre anche una riflessione su come ripensare il nostro stile di vita, i nostri consumi, le nostre città. Superata questa crisi avremo fatto qualche passo avanti per capire meglio quali azioni adottare per sostenere il cambiamento ?
Quest’ultima pandemia deve spingerci a ripensare il rapporto tra uomo, consumi e ambiente; è l’occasione per realizzare un’analisi attenta delle diverse criticità determinate da alcuni modelli di produzione e di consumo. Le emissioni di gas serra durante il lockdown sono calate notevolmente, ma dopo la crisi le emissioni torneranno a crescere se non si cambia il modo di produrre, di acquistare e di consumare.
Quando acquistiamo, difficilmente riflettiamo sul fatto che prodotti e oggetti arrivano in grandi quantità da diverse parti del mondo. Il consumo nel mondo è cresciuto ad un ritmo doppio di quello della popolazione. Dal 1970 al 2017 la popolazione mondiale è aumentata di 2 volte: da 3,7 miliardi a 7,5 miliardi. Dal 1970 al 2017 il consumo mondiale è aumentato di ben quattro volte: da 26,6 a 109 Gt.
Negli ultimi anni si continua a parlare sempre di più della necessità di una svolta sostenibile e un radicale ripensamento degli attuali stili di vita delle popolazioni dei paesi industrializzati, nell’ottica di una redistribuzione delle ricchezze su scala mondiale e sopratutto della salvaguardia dell’ambiente.
E’ proprio dai consumi che bisogna ripartire per far fronte a un’emergenza ambientale e politica che non può più essere ignorata.
Dovremmo porre al centro la tutela della biodiversità e la valorizzazioni delle culture locali, favorendo la produzione su piccola scala, al fine di preservare l’integrità degli ecosistemi, poiché andremmo a ridurre notevolmente l’inquinamento e lo sfruttamento delle risorse naturali del pianeta.
Insomma proiettiamoci nel nostro futuro, tornando in buona parte nel passato “sostenibile”.
Stile di vita: Aumenta il consumo sostenibile
Il 5°report Osservatorio nazionale sullo stile di vita sostenibile di Life Gate, pubblicato il 31/01/2020 su un campione di 800 italiani ci mostra che il 67% è coinvolto nei confronti della sostenibilità, per la maggior parte le donne dai 35 ai 54 anni professionalmente attive, diplomate o laureate.
Tra le abitudini sostenibili degli italiani abbiamo la raccolta differenziata (il 92%), l’utilizzo di elettrodomestici a basso consumo (77%), utilizzo limitato di bottiglie in plastica (40%), il consumo di cibo biologico (34%), l’utilizzo – quando necessario – di piatti e posate biodegradabili il (34%), infine il 17% utilizza capi di abbigliamento sostenibile e il 16% prodotti di cosmesi naturale.
Le motivazioni principali che spingono i consumatori a fare acquisti sostenibili sono la responsabilità verso le generazioni future, l’amore per l’ambiente, ma anche cercare di stare bene con se stessi in modo sano e naturale.
Nel nostro comportamento di tutti i giorni qualcosa sta davvero cambiando?
Questi ultimi dati certamente ci confortano, ma la strada del consumo sostenibile da percorrere è ancora tanta.
Un’obiezione comune riguardo l’acquisto sostenibile è il costo alto, che non tutti sono disposti a sostenere.
Ci sono tuttavia alternative economiche che stanno crescendo e che ci permettono di ottenere comunque prodotti di qualità sostenibile.
Buone pratiche green
Ma vediamo le buone pratiche green che noi consumatori dobbiamo adottare per rendere più sostenibili i nostri consumi:
– Sempre più persone scelgono un’alimentazione Plant-Based food, scegliamola anche noi.
Un nuovo approccio alimentare consapevole, sostenibile e olistico, che pone le fondamenta sull’eco-sostenibilità e sulla tutela della biodiversità.
Alla base dell’alimentazione plant-based vi è il rifiuto di qualsiasi alimento lavorato industrialmente e la volontà di recupero di tradizioni culinarie fortemente radicate sui territori.
L’alimentazione plant-based food, un trend in crescita, nasce in risposta ad una crisi ambientale, culturale e sociale senza precedenti, con un focus sulla sostenibilità e uno sfruttamento delle risorse nel rispetto dei naturali bioritmi.
Il criterio che orienta la scelta è più improntato sulla provenienza degli alimenti e sulle modalità di produzione, in primis le diete plant-based prevedono l’eliminazione di ingredienti lavorati a livello industriale, compresi farine e zuccheri raffinati.
La prima cosa da sapere è che la filosofia alimentare plant-based non è categorica sull’abolizione del consumo di carne come il vegetarianismo o il veganismo, nonostante la stragrande maggioranza delle persone che adotta questo stile di vita decida di eliminare i derivati animali dalla propria alimentazione.
Infatti la vendita dei prodotti vegetali è in aumento: oggi i consumatori sono più informati sull’origine della carne e degli aspetti negativi che nascono dal suo consumo, in termini di salute umana, animale e ambientale.
Complice la paura suscitata dal Covid-19, i consumatori si stanno orientando verso i sostituti vegetali della carne molto più in fretta di quanto non avvenisse prima della pandemia.
In confronto al mercato della carne, quello dei sostituti vegetali è ancora piccolo, ma abbastanza per attirare nel paese grandi produttori globali di “carne” vegetale come Impossible Foods e Beyond Meat, mentre Starbucks e Kentucky Fried Chicken hanno di recente annunciato il lancio di loro prodotti vegetali, anche attraverso le consegne a domicilio. Non a caso Deliveroo, App di food delivery, che permette di ricevere a casa cibo take-away dai migliori ristoranti della città, ha raddoppiato le ordinazioni di prodotti vegani rispetto ad altri alimenti, rimasti abbastanza stabili.
Secondo i distributori specializzati, come Green Monday, i prezzi sono ormai del tutto competitivi con quelli della carne.
Qualcosa sta davvero cambiando anche in Asia: la sensibilità dei cinesi è profondamente mutata. Ora si chiedono da dove provenga la carne e sono sempre meno inclini a consumare quella dei mega allevamenti, ma anche dagli animali selvatici, un tempo molto apprezzati.
L’Asia, infatti, può contare su produzioni di materie prime attive da decenni per realizzare il tofu e gli altri derivati della soia, e su un’altrettanto efficiente rete di distribuzione e vendita. Il risultato è che negli ultimi due mesi le vendite online sono raddoppiate, con un prodotto leader di mercato, la finta carne di maiale chiamata Omnipork. Il prodotto viene usato per accompagnare gnocchi, noodles e riso, seguita da diversi prodotti come i Beyond Burgers, le crocchette e le bevande vegetali e da quelli della californiana JUST, che realizza “uova senza uova” partendo dai fagioli di soia verdi, le cui vendite sono cresciute del 30%.
Ma anche le vendite di altri prodotti tradizionali sono in crescita. Alla fine del mese di aprile KFC inizierà ad offrire i primi piatti a base di finto pollo fritto vegano in tre ristoranti, grazie anche al supporto del colosso americano Cargill, mentre Starbucks includerà nei menu i prodotti di Beyond Meat e ha già riaperto quasi tutti i negozi chiusi per il lockdown. Esiste poi anche un competitor locale, chiamato Zhenmeat, finora presente solo a Pechino in 50 ristoranti, ma che si sta per espandere a Shenzen e Shangai.
Sul sito e presso tutti gli sportelli Polidream Assoutenti è disponibile il materiale informativo sul
Campagna informativa “Puglia InFormAlimentazione2” – Intervento n. 1 Informo Assisto Tutelo – Programma Generale di Intervento della Regione Puglia realizzato con l’utilizzo dei fondi del Ministero dello Sviluppo Economico – Ripartizione 2018”